Caffè (sospeso): cosa dice la scienza?

L’hai mai lasciato un caffè sospeso?
Il caffè sospeso rappresenta un’antica tradizione napoletana che amo molto, negli ultimi tempi diventata famosa in tutto il mondo. Si tratta di un rito diffusosi nei bar di Napoli dopo la seconda guerra mondiale.

Quando una persona era particolarmente felice, ordinava un caffè sospeso: pagava due caffè e ne beveva solo uno. L’altro restava in sospeso per chi non se lo sarebbe potuto permettere.

Incuriosita sono andata a scavare un pochino. La tradizione avrebbe origine dalle piccole questioni tra amici che sorgevano al momento di pagare il conto.

Pare infatti che nell’entusiasmo del voler offrire, si finisse per pagare un caffè in più e si decideva di lasciare il credito a beneficio di uno sconosciuto.

Il caffè sospeso è solo uno dei tanti piccoli gesti di solidarietà quotidiana che erano in uso nella società napoletana. Un altro che mi ha colpito per la sua semplicità è il cosiddetto “acino di fuoco”. Chi aveva già acceso il proprio fuoco, offriva un tizzone ai vicini per far risparmiare i fiammiferi e dare il buongiorno.

Quanto ci scalderebbe il cuore recuperare queste piccole meravigliose abitudini?!

Per anni il giudizio della scienza sul caffè è stato “sospeso”

Torniamo a noi, ho scelto questo titolo perché per anni il giudizio della scienza sul caffè è stato controverso, potremmo dire sospeso!

Classificato dallo IARC (International Agency for Research on Cancer) nel 1991 tra i possibili cancerogeni per l’uomo, viene oggi profondamente rivalutato da numerosi studi epidemiologici.

Lo stesso IARC, nel 2016, rivede la sua posizione, classificando il caffè nel gruppo 3 ovvero tra le sostanze non cancerogene per l’uomo: trovi qui lo studio completo.

Oltre a scagionare il caffè, il gruppo di lavoro dello IARC punta l’attenzione su un altro aspetto interessante ovvero la temperatura delle bevande.

Sembra infatti che, se bevute molto calde – ad una temperatura superiore a 65 °C – possano favorire lo sviluppo del cancro dell’esofago.

La maggior parte degli altri studi non si limitano a verificare l’innocuità del caffè bensì ne dimostrano i benefici rispetto a numerose patologie. Sembra che i benefici vadano ben oltre il semplice potere stimolante che permette a molti di noi di resuscitare ogni mattina! 🤓

Caffè e tumori: gli studi sono promettenti, ma i meccanismi sono ancora da chiarire

Sebbene non siano ancora del tutto noti i meccanismi biologici, gli effetti prodotti dal caffè sono davvero tanti.

Un recente studio prospettico americano effettuato su una popolazione molto grande rileva una riduzione dell’incidenza del cancro dell’endometrio nelle donne che abitualmente bevono caffè.

Dato molto interessante: l’associazione non dipende dal contenuto di caffeina ed è più forte per le donne obese o in sovrappeso.

Questo risultato è coerente con altri due studi prospettici che avevano già riportato la stessa relazione tra le donne in Giappone e in Svezia.

Sono state avanzate diverse ipotesi, ma pare che l’effetto sia mediato dall’insulina. Il consumo di caffè migliora la sensibilità all’insulina ed è associato a livelli di insulina ridotti, in particolare tra le donne in sovrappeso.

Lo stesso studio ci dice anche che il consumo di caffè è associato a livelli più elevati di SHBG (Sex Hormone Binding Globulin).

Per i non addetti ai lavori, si tratta di una glicoproteina che trasporta nel sangue alcuni ormoni sessuali, tra cui l’estradiolo. La riduzione del rischio di cancro endometriale potrebbe, quindi, anche essere legata ad una diminuzione dell’esposizione all’estradiolo.

Una meta analisi molto completa del 2016  ha indagato, invece, la relazione con vari tipi di cancro.

Lo studio ha dimostrato che l’assunzione di caffè è associata ad un ridotto rischio di cancro orale, della faringe, del colon, del fegato, della prostata e del melanoma e ad un aumentato rischio di cancro ai polmoni.
Per quanto riguarda quest’ultimo dato, c’è da dire che mancano studi che distinguono i fumatori dai non fumatori. Gli autori, dunque, ipotizzano che l’aumento del rischio di cancro ai polmoni potrebbe dipendere da questo fattore di confusione.

Per quanto riguarda le altre associazioni, sono state fatte anche in questo caso varie ipotesi. Sembrano essere responsabili vari componenti bioattivi presenti nel caffè, tra cui caffeina, cafestolo, cafeolo ed acido clorogenico ma sono necessarie ulteriori ricerche.

Il caffè riduce il rischio di alcune malattie

Altre evidenze epidemiologiche suggeriscono che il consumo di caffeina riduce il rischio di diverse malattie neurologiche e neurodegenerative.

Un’ipotesi è che la caffeina, essendo un antagonista non selettivo dell’adenosina, legando i recettori A2A, controllerebbe la risposta neuro-infiammatoria della microglia associata alla maggior parte delle condizioni neurodegenerative.

Altre due meta analisi del 2016 (meta analisi 1 ; meta analisi 2) approfondiscono l’associazione tra l’assunzione di caffè e caffeina ed il rischio di depressione. Entrambe concludono per un’associazione significativa con un rischio ridotto.

Un recentissimo studio di coorte che ha interessato 10 paesi europei riporta un’associazione tra il bere caffè ed un rischio ridotto per la morte per varie cause. I benefici sarebbero provati anche per chi beve caffè decaffeinati. Sembra infatti che le proprietà salutari non siano dovute alla caffeina ma ai numerosi composti presenti: polifenoli, acidi clorogenici e diterpeni, tutti con proprietà antiossidanti.

Lo studio ha messo in evidenza che le persone che bevevano caffè tendevano ad avere livelli inferiori di infiammazione, profili lipidici più sani e un migliore controllo della glicemia. I benefici maggiori sono stati riscontrati per l’apparato digerente ed il fegato.

Gli studi che invitano alla cautela nel consumo di caffè

Una revisione completa di tutti gli studi più rilevanti sull’utilizzo e la sicurezza della caffeina nell’uomo, ha concluso che per gli adulti sani, l’assunzione quotidiana moderata di caffeina (fino a 400 mg/die) non ha effetti negativi.

Risalire al contenuto preciso di caffeina, non è semplice: la maggior parte dei dati disponibili si riferiscono al caffè americano che è diverso da quello che si beve in Italia.

Inoltre, il contenuto di caffeina varia in funzione di diversi parametri. Per un espresso, dipende dalla varietà (l’arabica contiene meno caffeina rispetto alla robusta, circa la metà) e dalla temperatura.

Il discorso appare complicato ma, facendo una media dei dati che si ritrovano in circolazione, possiamo dire che un caffè espresso contiene circa 50/70 mg di caffeina. La dose giornaliera sicura si aggira, quindi, tra i 3 ed i 5 espressi al giorno, che è un po’ la raccomandazione più diffusa.

Questo vale per una persona sana, non in gravidanza, che non assume farmaci e che non è ipertesa o cardiopatica: in queste situazioni le raccomandazioni cambiano, leggi l’approfondimento qui.

E l’acrilammide?

Un altro aspetto da considerare è la presenza di acrilammide. Questo composto si forma con la reazione di Maillard durante la cottura ad alte temperature di alimenti amidacei.

La reazione di Maillard conferisce il tipico flavour, ovvero l’insieme di profumazione, sapore e colore caratteristici di alcuni alimenti ed è, quindi, assolutamente voluta perché ne migliora l’appetibilità. Tuttavia, se non opportunamente controllata, dà origine a composti indesiderati come appunto l’acrilammide.

Nel 2015 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha concluso che la presenza di acrilammide nel cibo potenzialmente aumenta il rischio di cancro per i consumatori, in particolare nei soggetti più esposti e sensibili come i bambini. Gli alimenti a rischio sono quelli ricchi di carboidrati cotti al forno o fritti, come patatine fritte, pane, biscotti, cracker e caffè.

A novembre del 2017 la Commissione Europea ha emanato il Regolamento (UE) 2017/2158 che stabilisce delle misure di attenuazione che devono essere adottate dagli operatori del settore alimentare per ridurre la presenza di acrilammide. Questo nuovo Regolamento è in vigore dall’11 aprile 2018.

Nei diversi tipi di caffè ritroviamo un quantitativo variabile di acrilammide che va da 2 a 25 mcg/litro.

Le oscillazioni dipendono da:

  • – varietà del caffè: la robusta contiene livelli più alti di acrilammide rispetto alla varietà arabica;
  • – tostatura: l’acrilammide si forma nelle fasi iniziali del processo di tostatura, ma il suo quantitativo diminuisce nelle fasi finali del ciclo, quando viene degradata ed eliminata;
  • – qualità dei chicchi: quelli non maturi, che contengono quantitativi più alti di asparagina libera, portano a valori più alti di acrilammide;
  • – metodo di preparazione: il caffè espresso, la cui preparazione prevede un breve contatto tra caffè ed acqua e, di conseguenza, un processo di estrazione dell’acrilammide incompleto,  contiene meno acrilammide rispetto ad altre preparazioni.

 

Come comportarci?

Se non ci troviamo in condizioni particolari, continuiamo a goderci tranquillamente il nostro amato caffè…seguendo qualche piccolo consiglio:

  • – Scegliamo un caffè di buona qualità e di varietà arabica;
  • – Ricordiamo di non berlo troppo bollente;
  • – Non esageriamo con la quantità: non più di 3-5 al giorno. Questo vale soprattutto per chi non lo prende amaro e quindi per limitare l’introito di zucchero.
  • Beviamolo in compagnia e continuiamo con le pratiche che ci rendono più umani: quando possiamo, lasciamo un caffè sospeso! 😉

 

Vuoi chiedermi un consiglio? Scrivimi qui!

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